Dalla sommità della collina del Vomero, Castel Sant’Elmo, domina tutta la città e rappresenta un punto di osservazione ideale di tutto il suo golfo.

Fu proprio la posizione strategica della collina, anticamente nota come Paturcium, che dal X secolo ospitava la piccola chiesa di Sant’Erasmo, a suggerire a Roberto d’Angiò l’idea di costruirvi un palatium castrum. A realizzarlo fu chiamato l’architetto Tino di Camaino, che avviò i lavori lì dove sorgeva l’antica torre normanna di Belforte, utilizzando per la costruzione la viva roccia di tufo giallo.  Era il 1329 e, alla morte di Tino nel 1336, subentrarono altri architetti che portarono a termine l’opera nel 1343, durante il regno di Giovanna d’Angiò. Il nuovo Castrum Sancti Erasmi era a forma di quadrilatero e con due torri. Che crollarono in occasione del terremoto del 1456 insieme a porzioni della cinta muraria e ad altre strutture. Fu così che ne fu avviata una prima ristrutturazione in piena epoca aragonese. 

ASA 9124 2Con il vicereame, il castello in collina, il più grande della città, assunse le caratteristiche di una vera e propria fortezza militare, che nel frattempo aveva modificato il suo nome in Castel Sant’Ermo (con una chiara derivazione dall’originale Erasmo) poi evolutosi in Elmo. A deciderne la trasformazione fu il vicerè Pedro de Toledo, che ne affidò la realizzazione all’ingegnere Pedro Luis Escrivà, autore della scelta, per l’epoca decisamente ardita e molto criticata, della caratteristica pianta stellare a sei punte e dell’assenza di torri di difesa. Si iniziò nel 1537 e l’anno seguente sul portale d’ingresso fu apposta un’epigrafe con lo stemma dell’imperatore Carlo V

La chiesa del castello fu edificata nel 1547 da Pietro Prato, ma quarant’anni dopo un fulmine provocò un violento incendio che la distrusse con altre parti del maniero. Qualche anno dopo, alla fine del secolo, ci mise mano il celebre architetto Domenico Fontana, che in dieci anni ricostruì la chiesa e le altre parti del complesso danneggiate. 

Poi divenne una prigione e lo restò a lungo. All’inizio del Seicento vi fu recluso il filosofo Tommaso Campanella; durante la Rivoluzione francese toccò ad esponenti filogiacobini. Nel 1799 vi fu innalzato il primo Albero della Libertà, ma al rientro dei Borbone vi furono imprigionati numerosi rivoluzionari, tra i quali Luisa Sanfelice e Giustino Fortunato. Nel periodo risorgimentale, finirono nel carcere del Castello, tra gli altri, Pietro Colletta, Luigi Spaventa e Carlo Poerio.

Con l’Unità d’Italia divenne un carcere militare e lo rimase fino al 1952. Poi, dopo un lungo restauro per riportare alla luce la struttura più antica, a partire dagli anni ’80 del secolo scorso, il castello sulla collina del Vomero è diventato spazio museale permanente, diventando così uno dei punti di riferimento culturali della città rispetto alla quale, per secoli, era rimasto separato e sostanzialmente estraneo. Oltre a partecipare alle più grandi mostre allestite a Napoli nell’ultimo venticinquennio, il Castello è oggi sede del Museo del ‘900, con opere del periodo 1910-1980.



Informazioni utili: 
Orari Castello: 8.30-19.30;
Orari Museo: 9.30-17.00. Chiusura settimanale: martedì.

Biglietto intero: 5,00€ 
Biglietto ridotto: 2,00€