Ai piedi del Montechiaro, lungo l’itinerario che conduce all’incanto della Costa delle Sirene, Meta è avvolta dall’effetto coloristico degli uliveti, dei giardini e degli agrumeti.

L’origine del nome è incerta ma, secondo una delle tesi più accreditate, indicherebbe il limite segnato sull’altopiano dalla Basilica della Madonna del Lauro, costruita sul sito di un tempio dedicato a Minerva dai Romani, così come testimoniato dalle lapidi ritrovate durante gli scavi. Il mito di fondazione ci riporta all’ottavo secolo: una vecchietta che soffriva di sordità, mentre pascolava le mucche, vide una statua della Madonna con una chioccia di pulcini d’oro accanto. Grazie a questa visione guarì. Così la statua fu trasportata a Sorrento, in cattedrale. Ma il mattino seguente fu ritrovata sotto un albero di lauro. Sul luogo fu, per questo prodigio, costruito un edificio sacro che ebbe diverse trasformazioni fino al 1206, anno in cui la chiesa fu eretta con una forma a croce latina (che tuttora conserva), e fu consacrata una prima volta. Riedificata nel 1568 dopo la distruzione dei Turchi di qualche tempo prima, fu riconsacrata nel 1782 ed elevata a basilica pontificia nel 1914. La facciata è in stile neoclassico con in alto, al centro, l’altorilievo del Salvatore. Il portale originale, in legno massiccio, fu scolpito con 24 formelle in legno metalizzato (in gran parte illustrano scene della vita di Gesù) che poi, nel tempo, sono state trasferite all’interno (a tre navate) e sono oggetto di devozione. Il campanile risale al 1558. Da notare le due statue lignee rivestite in oro, San Michele e l’Angelo custode, opera di Girolamo Bagnasco. L’altare e la balaustra sono in marmi pregiati.

La storia locale è legata a doppio filo anche a quella della marineria mercantile. Alimuri, la spiaggia di Meta, deve la sua fama alla costruzione di imbarcazioni, attività che avveniva sempre sotto l’egida protettiva della Madonna del Lauro: un’epopea secolare, che porta alla Repubblica Marinara di Amalfi, ad Angioini e Aragonesi; e perfino a Cristoforo Colombo. Il cantiere vero e proprio fu aperto ufficialmente nel 1650, ma venne terminato nel 1800, quando furono varati i velieri della Marina del Regno di Napoli. Cinquantadue di queste navi a vela furono destinate ai lunghi percorsi oceanici, ai viaggi verso le Americhe ma, in genere, i velieri metesi erano di

dimensioni ridotte, a due alberi, resistenti e veloci, perfette per il trasporto di olio, agrumi, noci e vino. Da ricordare che, nel 1798, fu fondata la Società degli armatori metesi e sorrentini, rimasta attiva fino al 1923.

La frazione di Alberi, il cui territorio è diviso con quello del Comune di Vico Equense, è a 800 metri dal centro e si raggiunge grazie a una caratteristica strada ripida e stretta in alcuni punti: coincide con l’antica via Minerva (terminava a Punta Campanella) di epoca romana.

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