Il luogo è l’ex Conservatorio delle Orfane a Terra Murata, cuore antico di Procida.

Il nome, abbinato a quello di Museo Civico di Procida, è quello dell’archeologo siciliano Sebastiano Tusa, a cui si è deciso di rendere omaggio dopo la sua morte prematura, in considerazione del suo decisivo apporto, in qualità di professore di Paletnologia presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, al disvelamento dell’importante storia antica delle isole di Procida e Vivara. Il percorso espositivo, che si snoda al piano terra dell’edificio, si articola in tre sezioni che illustrano le peculiarità geologiche di Procida, la sua storia più antica e quella più moderna, entrambe fortemente legate al mare. Il patrimonio, di grande valore storico-scientifico, comprende anche i reperti dagli insediamenti micenei di Vivara, esposti al pubblico per la prima volta. Tutto frutto della collaborazione instauratasi dal 2017 tra il Comune, e le Università “Federico II” e Suor Orsola Benincasa, a conclusione dell’intensa attività di ricerca geologica e archeologica condotta intensamente a partire dal 1976 tra Procida e Vivara.

La Sezione Ambiente

L’itinerario inizia dalla sezione dedicata alle caratteristiche geomorfologiche di Procida e Vivara, che originariamente erano unite in un’unica isola di natura vulcanica. A raccontare l’origine e la trasformazione progressiva dell’isola/isole sono i campioni di rocce e la mappa geologica del territorio elaborata dalla “Federico II”, con attenzione anche alla flora e alla fauna di Vivara.

La Sezione Storia Antica

Ė decisamente ampia e ricca di testimonianze la parte del percorso di conoscenza che tratta del periodo più remoto della presenza umana sull’isola, scelta dai naviganti micenei tra il XVII e il XVI secolo a.C. per la sua posizione strategica lungo le rotte verso la Sardegna e gli altri siti di approvvigionamento delle materie prime nel Tirreno centro-settentrionale. Sono esposti i reperti recuperati nei vari insediamenti venuti alla luce ed esplorati a partire dal 1933, quando il giovane Giorgio Buchner, che in seguito avrebbe legato il suo nome alla scoperta di Pithekoussai, identificò un villaggio preistorico a Punta Capitello collegato ad un altro coevo nella zona del Castiglione, sulla dirimpettaia isola d’Ischia. Le campagne di scavo condotte dagli anni ’90, sotto la direzione di Sebastiano Tusa e di Federico Marazzi, evidenziarono altri villaggi a Punta d’Alaca e Punta Mezzogiorno e ben trentadue siti lungo la costa di Procida/Vivara, da allora inabissatasi per circa quindici metri. Da quelle ricerche provengono oggetti ceramici anche molto raffinati, prodotti in Grecia e in Oriente, dai piccoli unguentari con profumi e cosmetici ai grandi “pithoi”, imbarcati sulle navi per trasportare le derrate alimentari. Non mancano manufatti metallici, che indicano in Vivara non solo un emporio per merci importate, ma anche un luogo di lavorazione dei metalli. E i materiali edili, con tegole di tufo locale, oltre ai caratteristici tokiens, esempi di protoscrittura usati per inventari e transazioni commerciali.

Un’esposizione di materiali corredata da ricostruzioni in 3D dei villaggi e dei contesti in cui i diversi reperti sono tornati alla luce.

La Sezione Mare

Vi è illustrato lo speciale rapporto con mare, che i procidani hanno mantenuto sempre forte e vivo nei secoli, viaggiando da naviganti esperti su tutte le rotte in tutti i mari del pianeta. Un bel viaggio tra i documenti che raccontano la marineria procidana soprattutto tra il XVII e XIX secolo, con tanti oggetti antichi donati al museo da famiglie isolane.

Presso il museo è anche attivo un laboratorio di restauro, utilizzato per i reperti recuperati durante le varie campagne di scavo.