Il mito ne collega l’origine a Ercole. Ma furono gli Osci, che si insediarono su quel tratto di costa dell’ampio golfo nell’VIII secolo a.C,, a fissare per la prima volta in un’iscrizione il nome di Stabia.

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E furono sempre loro che nel secolo successivo popolarono anche l’altura dalla terra fertile e ricca di sorgenti, destinata a prendere il nome di Varano. Tanto prossima al mare da risultare luogo particolarmente favorevole a commerci e scambi con altre popolazioni. E infatti, in seguito, lì fu attivo un emporion, controllato dai Greci della vicina Sorrento.

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Ai Greci, poi, si sostituirono gli Etruschi: due iscrizioni nella lingua dei Tirreni e altri oggetti testimoniano la nuova fase di crescita di un villaggio fortificato, importante approdo e snodo delle strade per Sorrento e Nuceria Alfaterna.

La successione di influenze e culture si arricchì nel V secolo a.C con l’arrivo dei Sanniti, che dominarono a lungo il territorio. Dopo alterne alleanze, la cittadella fortificata di Varano si ritrovò nemica dei Romani nella guerra sociale. Una scelta pagata a carissimo prezzo: il 30 aprile dell’89 a.C. Silla, ormai vittorioso, la rase al suolo, sottomettendo l’inero ager stabianus, disseminato di piccoli villaggi di agricoltori e allevatori.

Poco a poco, Stabia tornò a vivere lungo la costa e divenne anche stazione navale per la flotta collocata a Miseno. E presto fu riscoperta anche l’altura di Varano, su cui sorsero ville d’otium per la villeggiatura di patrizi e ufficiali della flotta, mentre nell’ager stabianus sorgevano le ville rustiche, dove si svolgevano le attività agricole. 

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La vita scorreva tranquilla quando nel 62 d.C. la città fu colpita da un violento terremoto, a cui altri seguirono: l’annuncio dell’eruzione del 79 d.C. Al contrario che a Pompei e a Ercolano, la caduta di materiali piroclastici a Stabia avvenne più lentamente e ciò consentì a molti (ma Plinio il Vecchio morì sulla spiaggia) di mettersi in salvo.

Tuttavia, due metri e mezzo di ceneri e lapilli coprirono tutto. Ciò nonostante, Stabia dieci anni più tardi era già tornata a vivere con il suo porto al servizio di Nuceria. Il Vesuvio le inflisse poi un nuovo colpo durissimo nel 605. Risalgono alla fine del X secolo i documenti che recano ancora il nome di Stabia, mentre nel 1086, per la prima volta si fece riferimento al Castrum ad mare e da allora prevalse il toponimo Castello a mare, mentre su Stabia antica cadeva l’oblio.

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Quel nome tornò a evocarlo re Carlo di Borbone nel 1748, quando, sempre più appassionato alla nuova reggia di Portici e alla ricerca archeologica nei siti ingoiati dall’eruzione del Vesuvio, diede ordine di cercare anche l’antica Stabiae. L’incarico fu affidato all’uomo più esperto, che già aveva esplorato parte della sepolta Ercolano, l’archeologo spagnolo Roque Joaquìn d’Alcubierre, coadiuvato dall’ingegnere svizzero Karl Jakob Weber. La nuova indagine archeologica prese il via  il 7 giugno 1749 presso la collina Civita, a nord del Sarno, prendendo spunto dalla famosa Tabula Peutingeriana. Trovarono quello che in parte cercavano, ma non si trattava di Stabia, bensì di Pompei, come si sarebbe appurato inconfutabilmente solo nel 1763. 

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Altre ricerche furono fatte anche sulla collina di Varano e lì scoprirono quasi subito l’edificio oggi noto come Villa San Marco e, in successione, la villa di Anteros e Heraclo, poi la villa del Pastore nel 1754, Villa Arianna nel 1757 e il “secondo complesso” nel 1762. Individuata con certezza Pompei nel 1763, vi furono concentrate tutte le risorse, abbandonando il sito di Stabia.  I reperti e i preziosi affreschi recuperati anche dalle ville che furono di nuovo interrate, vennero trasferiti dapprima nella reggia di Portici, per arricchire la collezione dell’Herculanense Museum,  poi, durante il Decennio francese all’inizio dell’Ottocento, presso il Museo Archeologico di Napoli

Una decina d’anni dopo la prima campagna archeologica, Alcubierre propose a più riprese al ministro Tanucci di tornare a scavare a Stabia e ne ottenne finalmente il consenso  nel 1775. Stavolta, non si lavorò attraverso cunicoli, ma a cielo aperto sia a Villa Arianna che nel secondo complesso. Furono ritrovate allora anche le ville rustiche dell’ager stabianus, comprese nel territorio di Gragnano, prima fra tutte la Villa del Filosofo. L’attività di scavo si chiuse nel 1782, ancora una volta per rivolgere tutte le attenzioni a Pompei.

Le attività di ricerca nell’area stabiese ripresero nel 1950, grazie all’impegno del preside della scuola media di Castellammare Libero d’Orsi. Vennero riportate alla luce parti delle ville già note e fu scoperta Villa Petraro, poi nuovamente interrata. Per mettere al sicuro i reperti e i delicati affreschi recuperati, il preside creò un antiquarium nel seminterrato della sua scuola. Per la ripresa degli scavi archeologici si dovrà aspettare il nuovo secolo: nel 2008 a Villa San Marco e a villa Arianna con importanti nuove scoperte; nel 2009 nei pressi di Villa Arianna è emerso un tratto della strada che collegava l’abitato al lido sottostante e una porta della città.117306540 3346637672059755 970454695217981649 o

 

LE VILLE DI STABIAE DA VISITARE

Villa San Marco

La più grande villa d’otium, ovvero di villeggiatura, delle tante che i Romani edificarono lungo le predilette coste della Campania, a nord e a sud di Neapolis: Villa San Marco. Chiaramente, il nome non è mutuato dalla sua storia precedente al 79 d.C., bensì da una cappella dedicata a San Marco, risalente al XVII secolo, che sorgeva nel sito in cui è stato rinvenuto l’edificio romano, sulla collina di Varano. A una discreta profondità, visto che era finito sotto ben cinque metri di ceneri e lapilli emessi dall’eruzione più famosa del Vesuvio. 

La villa era stata edificata nell’età augustea e poi ampliata nell’età claudia, quando furono aggiunti diversi nuovi spazi, compresa la piscina immersa in un magnifico giardino.  E nella casa, forse appartenuta al liberto Narcissus, di cui si è trovato il nome nei bolli di alcune tegole, non mancavano un confortevole impianto termale e una palestra.

Villa Arianna 

Costruita nel II secolo a.C., è una delle più antiche (il primo nucleo della Villa del Pastore è dell’VIII secolo a.C.) ville d’otium stabiane, Villa Arianna, posta all’estremità della collina di Varano e affacciata su un magnifico panorama. Dell’edificio originario e dei numerosi, successivi ampliamenti, sono stati riportati alla luce undicimila metri quadri, in gran parte finemente dipinti. I più begli affreschi di Stabia provengono proprio dai cubicula e raffigurano perlopiù scene e divinità della mitologia. Tra le opere più famose, giganteggia la Floranota anche come Primavera di Stabiae, un delizioso, piccolo frammento dipinto del I secolo. A seguire, spicca la Venditrice di amorini, scoperta nel 1759 e divenuta subito famosa, tanto da diventare fonte di ispirazione per l’arte neoclassica. E’ da un’altra pittura muraria ritrovata nel lussuoso triclinio di età neroniana, Arianna lasciata da Teseo, che derivò il nome con cui la villa è ancora conosciuta. Era dotata di un grande impianto termale, di una palestra, di una peschiera e di una stalla con due carretti usati per le attività agricole, uno dei quali è stato restaurato ed è esposto nel percorso di visita. Nei pressi fu trovato anche lo scheletro di un cavallo, identificato come Repentinus dal nome inciso nella stalla. E repentino fu l’evento che gli tolse la vita. 

Ad abbellire ulteriormente Villa Arianna contribuiva un maestoso giardino, considerato il meglio conservato di quelli giunti dall’antichità, essendo stato possibile ricostruirne l’intero impianto originario con tutte le varietà di piante che ospitava.