monte cervatiMonte Cervatimonte cervatiE, appena schermata dalle fronde rigogliose degli alberi, la grande sala di roccia si prestava a far da rifugio persino accogliente al riposo dei pastori, dopo la dura giornata di lavoro. Pasti frugali, fuochi accesi, le pietre vive come cuscini, utili a trasmettere immediatamente le vibrazioni di presenze minacciose di lupi affamati fuori, tra le pecore indifese. Gesti, abitudini e usi comuni a generazioni di uomini. Attraverso i secoli e i millenni segnati da innumerevoli albe e tramonti. Quelli che scandivano anche le giornate dei gruppi di cacciatori-raccoglitori che abitarono il sito nel Paleolitico medio e nel Mesolitico..La cavità fu infatti eletta a dimora temporanea dall’Uomo di Neandertal alla fine del Paleolitico medio (tra 50 e 40 mila anni fa), come attestato dal rinvenimento di numerosi strumenti in pietra scheggiata realizzati con una elaborata modalità di produzione, detta Levallois, che consentiva di ottenere manufatti di forma predeterminata.

Ma i Neandertaliani non erano solo abili artigiani, erano anche provetti cacciatori. Lo dimostra la presenza di abbondanti resti di cervo e capriolo, le principali prede cacciate a Vallicelli. 

Il grande monte di roccia calcarea, dotato di una fitta copertura boschiva, era, dunque, in grado di fornire buona parte delle risorse indispensabili alla sopravvivenza, inclusi il legno, utilizzato sia come combustibile nei focolari che per la fabbricazione di lance e giavellotti, selvaggina di vario tipo e una vasta gamma di prodotti vegetali spontanei: bacche e frutti, radic e tuberi.

 

La scoperta archeologica nella grotta

monte cervatiVarricieddi, così l’uomo moderno da qualche centinaio di anni definisce in dialetto quei rigagnoli alimentati dalle nevi invernali sul Cervati. E Vallicelli è diventato il nome delle grotte in cui quei piccoli corsi d’acqua confluiscono, prima di essere inghiottiti dal ventre della montagna. Custode nel tempo di testimonianze di vita umana rimaste segrete fino alla soglia del nuovo millennio. Fu nel 1999, infatti, che si rivelarono per la prima volta tracce di una frequentazione umana assai più antica di quella riconducibile ai pastori che vi pernottavano fino a qualche decennio fa o, andando a ritroso nel tempo di un secolo, alle bande di briganti formatesi dopo l’Unità d’Italia che l’avevano eletta a loro sicuro rifugio.

monte cervati

monte cervatiLe grotte di Vallicelli da allora hanno già raccontato una parte importante del loro stupefacente passato. Intorno a 40 mila anni fa l’Uomo di Neandertal, dopo essere stato per più di 200 mila anni il protagonista indiscusso dell’Europa paleolitica, si estingue, lasciando il passo all’Uomo Moderno (Homo sapiens).

Diverse decine di migliaia di anni dopo l’abbandono del sito da parte dei Neandertaliani, la grotta fu nuovamente frequentata, questa volta da Homo sapiens, nel corso del Mesolitico, periodo che si svolge immediatamente prima dell’avvento Neolitico e nel quale si sono sviluppate le ultime culture dei cacciatori-raccoglitori.

Anche le genti neolitiche, portatrici della ceramica e dell’economia produttiva (agricoltura e allevamento), hanno lasciato tracce evidenti nella Grotta di Vallicelli. Successivamente la cavità è stata frequentata durante l’età del Rame e nell’antica e media età del Bronzo, quando, si suppone, venisse utilizzata come ricovero dai pastori nel corso dei loro spostamenti con le greggi. .

 

L’inghiottitoio di Varlacarla

monte cervatiTutti i reperti recuperati finora sono custoditi presso il Museo Archeologico di Sala Consilina, con qualche riferimento  a Monte San Giacomo, il paese alle pendici del Cervati a cui appartiene il territorio dove si trovano la Grotta di Vallicelli e linghiottitoio di Varlacarla. Quest’ultimo sito rappresenta una scoperta archeologica di eccezionale valore per lo stato di conservazione e la tipologia dei reperti rinvenuti. È stato frequentato a scopo rituale e funerario durante l’antica e media età del Bronzo. La grotta è formata da un’ampia sala il cui pavimento conserva tracce di focolari ed è cosparso di frammenti ceramici accompagnati da ossa di animali domestici. Dopo un percorso meandriforme si giunge ad un anfratto adibito a luogo di sepoltura, dove sono state rinvenute ossa umane appartenenti ad almeno due individui deposti insieme ai resti di un capretto.  Il contesto rituale e funerario scoperto a Varlacarla ricorda molto da vicino un analogo rinvenimento messo in luce a Sassano, nella Grotta del Pino. Le modalità di esecuzione del rito funebre sono così simili da far pensare ad un utilizzo di entrambi i siti da parte di individui della stessa comunità.

Sia il sito preistorico di Vallicelli che quello vicino di Varlacarla sono da qualche anno al centro di un’interessante iniziativa culturale legata al progetto di un archeodromo, ovvero un itinerario storico, archeologico e naturalistico, che prevede la ricostruzione multimediale di un villaggio preistorico e l’allestimento di un laboratorio di archeologia virtuale alla cui ideazione ha partecipato il gruppo di lavoro del premio Oscar e grande creatore di effetti speciali Carlo Rambaldi.

Così l’affascinante passato delle grotte è diventato il fulcro di una rivalutazione complessiva delle tante peculiarità che quel territorio ha conservato gelosamente nel tempo, oggi elementi trainanti di un’idea di rilancio in grado di offrire ai giovani la possibilità di costruirsi un futuro dove sono ancorate le loro radici, invece di doversene necessariamente allontanare come era capitato a qualche generazione precedente.

 

Il cacio nelle grotte

monte cervatiNella complessa ma appassionata costruzione di un nuovo domani, il recupero del patrimonio culturale della comunità, nella sua più ampia accezione, è il filo conduttore delle tante iniziative, delle ricerche e delle sperimentazioni che stanno crescendo intorno alle Grotte di Vallicelli. Dove da qualche anno è tornato a diffondersi il profumo di formaggio, che non è difficile immaginare accompagnasse costantemente anche la presenza degli allevatori preistorici e poi dei briganti e dei pastori in epoche a noi più vicine. È a Vallicelli, infatti, nelle grotte del Cervati, che affina sapore e identità il Caciobrigante, eccellenza della rinascita che valorizza appieno il caciocavallo tipico della zona con i suoi saperi antichi. E il latte appena munto delle vacche che si nutrono di erbe fresche e profumate sui pascoli del monte.

monte cervatiCacio Brigante

Le cavità carsiche che si aprono sui fianchi del gigante del Cilento offrono un ambiente  estremamente umido con una bassa temperatura, sfruttata anticamente dai pastori per conservare i loro caci. Condizioni microclimatiche che propiziano la formazione di caratteristiche muffe, riscopertesi preziose  per completare la lavorazione di formaggi di alta qualità, profondamente legati al Cervati in tutta la loro cortissima filiera. Un ritorno alle caratteristiche delle grotte in cui nulla è stato lasciato al caso, per garantire la genuinità della produzione tradizionale nel rispetto dei criteri di salubrità richiesti dalle normative attuali. Obiettivo che è stato raggiunto con cura scientifica e grande passione, grazie alla felice collaborazione tra i produttori locali, l’Università di Napoli, l’Ente Parco “Cilento Vallo di Diano e Alburni”, la Regione Campania e l’Associazione Grotta Briganti e Cacio, che sta promuovendo azioni positive per valorizzare, in un’ottica di sostenibilità, le potenzialità legate al sito delle grotte.

 

“Uno Dio, uno re”

Meta di escursioni che consentono di godere appieno delle bellezze naturalistiche del Cervati scrigno di biodiversità, le grotte, in attesa che ulteriori scavi ne mettano pienamente a fuoco la dimensione archeologica, sono state negli ultimi anni scenografia viva del ritorno dei briganti postunitari.monte cervati

Una rievocazione storica corale, “Uno Dio, uno re”, organizzata ogni estate dall’Associazione Grotta Briganti e Cacio per recuperare il valore dei rapporti molto stretti che non vennero mai meno tra i briganti alla macchia e gli abitanti dei paesi vicini. A sera, guidati dal cielo stellato, con le torce a fare luce lungo il cammino, la salita in gruppo sulla montagna è un’esperienza prodiga di suggestioni, che raggiunge il momento culminante davanti alla Grotta di Vallicelli.

Lì  si svolge la  coinvolgente rappresentazione, a beneficio della comunità locale dei discendenti di quei briganti e dei pastori e dei forestieri che scelgono di esplorare gli splendidi itinerari nel Vallo di Diano. Tra una natura selvatica e segreta, borghi che conservano l’impronta lasciata dal loro passato e il buon vivere dei nonni, che i giovani hanno deciso, con gli strumenti di oggi, di non abbandonare all’oblio.

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