La storia antica, bruscamente interrotta nel 79 d.C. dall’eruzione del Vesuvio, venne coperta dalla spessa coltre di materiali vulcanici che l’hanno occultata per secoli, cancellando finanche il ricordo dell’abitato di epoca romana e tutte le tracce dell’insediamento preesistente.

Ma, quel paesaggio tanto amato da personaggi più ricchi e in vista dell’impero, che lì avevano voluto le loro sontuose ville marittime, non smise di attrarre i potenti neppure nelle epoche successive. Così nel Medio Evo per Portici iniziò una nuova storia, quando l’amenità del luogo vi condusse i nobili della corte angioina, che amavano soggiornarvi durante l’estate. Fu sempre allora che intorno alla chiesa di Sant’Antonio, che si dice essere stata edificata da San Francesco stesso, cominciò a formarsi un piccolo casale costiero che nel 1415 la regina Giovanna II decise di trasferire con altri possedimenti vesuviani al suo controverso favorito Sergianni Caracciolo. Col tempo, Portici continuò ad estendersi e i suoi abitanti ad aumentare, fin quando la nuova, distruttiva eruzione del Vesuvio del 1631 non vi seminò morte e distruzione. Ne derivò un lungo periodo buio, durato circa un secolo.

A cambiare di nuovo il corso della storia fu la straordinaria bellezza dei luoghi, che portò sulle sponde del piccolo golfo del Granatello (così chiamato per la grande quantità di piante di melograno che vi crescevano a quel tempo) con il suo porticciolo il duca d’Elboeuf, Emanuele Maurizio di Lorena. Innamorato del sito, il duca incaricò l’architetto Ferdinando Sanfelice di progettare una grande villa sul mare. L’imponente edificio che, circondato da un magnifico giardino di piante esotiche, dominava armoniosamente l’approdo del Granatello, fu consegnato nel 1711. Il duca volle abbellire l’interno della magione con alcuni pregevoli pezzi di epoca romana, appena riportati alla luce durante gli scavi che stavano facendo riscoprire impianto ed edifici dell’antica Ercolano.

Tra gli ospiti della villa, il più illustre di tutti, fu re Carlo di Borbone, che vi fu accolto in emergenza con la regina Maria Amalia di Sassonia dopo che la loro nave aveva fatto naufragio proprio a poca distanza da Villa d’Elboeuf. Carlo fu talmente conquistato dalla bellezza del Granatello e dei suoi panorami che decise di costruirvi una residenza reale. La sontuosa Reggia di Portici, progettata dall’architetto Medrano nel 1738, fu abbellita con opere dei maggiori pittori e scultori della corte borbonica e con innumerevoli reperti provenienti dagli scavi archeologici in corso lungo la costa vesuviana. Fu proprio nella piccola reggia che venne creato il primo museo, insieme alla fondazione dell’Accademia Ercolanese. La presenza dei reali, attirò a Portici i membri più in vista della corte e fu all’origine della moda delle vacanze in costiera. Per trascorrervi le villeggiature furono edificate, una dopo l’altra, le ville vesuviane del cosiddetto Miglio d’Oro, oggi in parte restaurate e visitabili, dove si svolgono varie iniziative culturali.

L’antica reggia, sede dopo l’Unità d’Italia della Scuola Superiore di Agricoltura e poi della Facoltà di Agraria dell’Università “Federico II” di Napoli, accoglie oggi l’Herculanense Museum, una versione digitale del primo museo borbonico, e vari musei tematici legati all’attività di divulgazione scientifica dell’università. L’antico giardino e parte del parco ospitano dal XIX secolo un importante Orto Botanico, che ospita varie collezioni e piante rare originarie dei diversi continenti.

Era il 3 ottobre 1839 quando, per la prima volta in Italia, un treno coprì i circa sette chilometri che separano Portici da Napoli. La storia e la memoria di quella prima tratta ferroviaria italiana sono raccontate dal Museo Ferroviario di Pietrarsa, affacciato su uno dei più suggestivi panorami del golfo di Napoli. E la meraviglia del tramonto si può godere anche dal porto borbonico del Granatello, che negli anni è diventato il cuore della vita notturna di Portici e dell’intera area vesuviana.