L'Abbazia  

Il suono e il profumo del mare arrivano fin lassù, nel punto più alto di Terra Murata, a oltre novanta metri d’altezza, dove s’innalza il luogo sacro da cui la storia dell’intero borgo ebbe inizio.

In origine, c’era solo una piccola chiesa, fondata nel 1026 in onore di Sant’Angelo. Da quel fulcro, che due secoli dopo diventò un monastero benedettino, si sviluppò progressivamente il centro abitato di Terra Casata. I seguaci di San Benedetto rimasero fino alla fine del XV secolo, quando le ricorrenti incursioni saracene li spinsero a lasciare l’isola per sempre. In uno di quegli attacchi, l’antico tempio fu distrutto dal fuoco. A ricostruirlo ancora più magnifico di prima fu il cardinale Innico d’Avalos nel 1561, che provvide anche a fortificare l’intero borgo, che da allora prese il nome di Terra Murata.

Una prima statua dell’Arcangelo patrono di Procida è posta sull’ingresso secondario della chiesa, il cui accesso principale è la Porta del Carmine. L’edificio è a croce latina e a tre navate. Le cappelle sono situate tutte sulla navata laterale di sinistra, mentre quella a destra accoglie altarini delle antiche famiglie nobili dell’isola. Tra le cappelle, quella dedicata a San Michele Arcangelo accoglie la venerata statua in argento e oro del 1727, realizzata dai fratelli Avellino su disegno di Domenico Antonio Vaccaro.

La navata centrale è impreziosita da un soffitto a cassettoni in legno e oro. Al centro, s’impone allo sguardo la tela di Luigi Garzi San Michele Arcangelo sconfigge gli angeli ribelli. Pregevole è anche il pavimento di coccio napoletano e maiolica.

Ancora più celebre, è una delle quattro tele sul coro ligneo dell’altare maggiore, dipinte da Nicola Russo, allievo di Luca Giordano. L’opera raffigura San Michele Arcangelo che protegge l’isola di Procida e fa riferimento alla più celebre leggenda legata alla storia della chiesa con una fedele riproduzione del borgo come si presentava allora.

Ai lati dell’abside le due grandi cappelle, a sinistra del Santissimo Sacramento e a destra dello Spirito Santo, dove è esposta un’ancora saracena che si dice sia stata recuperata dai pescatori, dopo il salvifico intervento dell’Arcangelo a protezione dei Procidani.

Il Museo

Il Complesso Museale dell'Abbazia si sviluppa nei piani inferiori articolandosi su tre livelli.

Dopo aver disceso diciotto gradini, si giunge al primo livello che custodisce un Presepe permanente composto prevalentemente da antichi pastori di scuola napoletana del XVIII secolo, in legno e terracotta.
Adiacente al presepe, vi è la Cappella della Madonna del Rosario dove si trovano alcune statue del XIX secolo e la Vergine del Rosario, opera del XVIII secolo, che reca tra le dita un unico grano della corona un tempo completa. Lungo il percorso che conduce al secondo livello, si trova la vetusta e pregiata Biblioteca. Dei suoi ottomila volumi, molti sono degni di nota, tra i quali il più antico risalente al 1534. Non essendovi traccia alcuna di testi risalenti al periodo benedettino, se ne può dedurre che, nel lasciare l'isola intorno alla fine del XV secolo, i monaci portarono con sé la biblioteca e l'archivio. La biblioteca dell'Abbazia Commendata è nata, dunque, verso la seconda metà del XVI secolo ad opera del Cardinale Innico d'Avalos  e successivamente del Cardinale Roberto Bellarmino.
Procedendo lungo il percorso, si giunge nella Cappella di San Michele, che offre la suggestiva raffigurazione dell'Immacolata Concezione, affrescata nel XVIII secolo sul soffitto a volta.La Cappella, prende il nome da un altare sul quale si trova una statua di San Michele, donata all'Abbazia nel 1811 da procidani emigrati a Palermo. Lì è, inoltre, possibile ammirare un prezioso organo ligneo dipinto del XVIII secolo.
Discendendo due rampe di una scala scavata nella roccia, si giunge nella Cappella di Sant'Alfonso, che un tempo ospitava la Confraternita dell'Addolorata, fondata nel 1733 da Sant'Alfonso Maria de' Liguori e indicata con il duplice nome di "Segreta" e "dei Rossi". Nella Cappella di Sant'Alfonso notevole è la struttura lignea, che si sviluppa lungo tutto il perimetro dell'ambiente. Sull'altare della cappella, inoltre, si trova una splendida Deposizione di Cristo del 1746, ad opera di Domenico Guarino.
Un elemento assai originale è costituito, in questo luogo, da tre bare finemente intagliate, utilizzate per allestire quella che si potrebbe definire una sorta di camera ardente. L'ultimo livello è costituito dall'ossario, il primordiale luogo di sepoltura dell'isola. Ad esso si accedeva attraverso alcune botole che sono tutt'ora visibili. Qui, un trattamento particolare era riservato ai cadaveri: i corpi erano messi a "scolare" e tale operazione, permettendo ai liquidi della decomposizione di defluire, consentiva l'essiccamento della salma. Nell'ambulacro di mummificazione è ancora possibile vedere resti umani incartapecoriti. All'interno dell'ossario vi è anche la fossa comune consistente in un enorme scavo a forma di otre. Essa fu tumulata definitivamente nel 1968.


Informazioni utili
Orari di apertura: dal martedì al sabato dalle ore 10:00 alle ore 13:00 e dalle 15:00 alle 17:00