Avevano seguito il corso dell’Irno, fino ad avvicinarsi al luogo in cui s’incontra col mare.

Erano partiti da Amina, dunque non da molto lontano, in quell’anno imprecisato del VI secolo a.C., per fondare una nuova città. E forse era stato proprio il nome del fiume a ispirarli a chiamarla Irna. La loro origine era prevalentemente etrusca, ma tra loro c’erano anche dei Greci. E si trovarono a condividere la vita nel nuovo insediamento con alcuni indigeni della popolazione preesistente, giacchè quel territorio era già abitato da almeno un paio di secoli. La città crebbe intorno all’acropoli, su cui s’innalzava il tempio adorno di terrecotte dipinte. Le case di solida pietra di tufo avevano tetti coperti di tegole e coppi anch’essi di colori vivaci. Come le anfore e gli altri oggetti di uso domestico, anche i materiali da costruzione erano prodotti nella zona occidentale della città, dove si svolgeva la lavorazione dell’argilla raccolta nelle cave poco lontane. 

Doveva essere una città abbastanza fiorente, quando cominciarono a stabilirvisi, sempre più numerosi, nuovi abitanti di stirpe sannita. Che progressivamente presero il controllo dell’abitato, sostituendo le proprie abitudini e il loro stile di vita a quello dei gruppi che li avevano preceduti. Rimasero padroni del territorio fino al III secolo, i Sanniti. Poi la città decadde, forse subì distruzioni dai Romani, com’era accaduto ai centri che erano stati loro nemici durante le lunghe guerre sannitiche. E così l’oblio inghiottì poco a poco anche il ricordo dell’ormai antica città. 

Fu molto tempo dopo che le strutture più remote furono ritrovate e progressivamente riportate alla luce e indagate. Su un’area di meno di mezzo ettaro quadrato nella parte nord-orientale di Salerno, dove si trova la frazione di Fratte. Terreni che  hanno restituito vestigia importanti della città etrusco-sannita e reperti precedenti, fino all’VIII secolo a.C. Resti di cisterne, case, laboratori ceramici e dell’acropoli. E poi di tombe sannite di pietra, con caratteristici letti funebri. Tutto all’interno del piccolo, ma interessante parco archeologico salernitano, allestito per l’apertura al pubblico dalla seconda metà del secolo scorso e tuttora visitabile. Gli oggetti rinvenuti nelle varie campagne di scavo sono custoditi in una specifica sezione del Museo Archeologico Provinciale di Salerno.